1. INTRODUZIONE



Del "cantar alla viola
"

Nel 1932 è apparso sulla rivista Collegium Musicum un articolo di August Wenzinger con il titolo "Über eine vergessene Gambenkunst", "Una dimenticata arte della viola". Wenzinger descrive l'arte del "cantar alla viola", con la quale già Orfeo, se si vuole credere su questo punto a J. Rousseau ed al suo Traité de la Viole del 1687, ammansiva le divinità degli inferi e gli animali selvatici. Anche Silvestro Ganassi ritiene nel 1542, seguendo una tradizione molto diffusa nel Rinascimento, che la Lyra di Orfeo sia uno strumento ad arco.
        Tale interpretazione è stata contraddetta per la prima volta da Vincenzo Galilei nel suo Dialogho 1
del 1582, ma la sua tesi, secondo la quale la lira di Orfeo non poteva essere altro che uno strumento simile all'arpa, non riuscì a riscuotere consenso presso i cultori della Viola 2.
        Baldassarre Castiglione ricorda il "cantare alla viola" nel suo "Il Libro del Cortegiano" del 1528 come una delle più raffinate tradizioni della cultura rinascimentale. Secondo la terminologia da lui usata "viola" potrebbe essere anche, tuttavia, la viola da mano (cioè pizzicata, non ad arco): infatti nella stessa sezione, più sotto, si parla di "quattro viole da arco". Ancora più misterioso è, tuttavia, poco dopo, quando parla di un vecchio cantante sdentato con una "viola in braccio".
        È qui "viola" uno strumento della famiglia del violino (da braccio)? O una sorta di lira da braccio, che accompagna, come consueto, il canto e la recitazione? Oppure ancora una viola da mano in braccio?

Baldassare Castiglione, "Il Libro del Cortegiano", Venezia 1528, Libro II, Cap.XIII 3:

Allor il signor Gaspar Pallavicino, - Molte sorti di musica, - disse, - si trovano, così di voci vive, come di istrumenti: però a me piacerebbe intender qual sia la miglior tra tutte, ed a che tempo debba il cortegiano operarla. - Bella musica, - rispose messer Federico, - parmi il cantar bene a libro sicuramente e con bella maniera; ma ancor molto più il cantare alla viola, perché tutta la dolcezza consiste quasi in un solo, e con molto maggior attenzion si nota ed intende il bel modo e l'aria non essendo occupate le orecchie in più che in una sol voce, e meglio ancor vi si discerne ogni piccolo errore; il che non accade cantando in compagnia, perché l'uno aiuta l'altro. Ma sopra tutto parmi gratissimo il cantare alla viola per recitare; il che tanto venustà ed efficacia aggiunge alle parole che è gran maraviglia. Sono ancor armoniosi tutti gli instrumenti da tasti, perché hanno le consonanzie molto perfette e con facilità vi si possono far molte cose che empiono l'animo di musical dolcezza. E non meno diletta la musica delle quattro viole da arco, la quale è suavissima ed artificiosa...

...conoscerà quando gli animi degli auditori saranno disposti ad udire e quando no; conoscerà l'età sua: ché in vero non si conviene e dispare assai vedere un omo di qualche grado, vecchio, canuto e senza denti, pien di rughe, con una viola in braccio sonando, cantare in mezzo d'una compagnia di donne...


L'origine della "viola"

Verso la fine del XV secolo provengono dall'Aragona (Spagna) a Napoli e quindi in Italia sia la viola/vihuela da mano sia un ibrido tra la viola/vihuela da mano ed il rabab ad arco, la viola d'arco 4.
        Lì la "viola" visse all'inizio del XVI secolo un apogeo, mentre la differenza tra "a pizzico" e "ad arco" risulta evidente sempre solo dal contesto, in quanto sia le accordature 5 sia le intavolature di liuto, viola da mano e viola d'arco sono identiche.
        Si può capire chiaramente il tipo di strumento solo dal termine "d'arco" (e simili), o attraverso ragioni musicali (per esempio, in Francesco da Milano, Intavolatura de Viola o vero Lauto, Napoli 1536, in modo inequivocabile si richiede uno strumento a pizzico, dal momento che gli accordi, spesso suonati saltando corde intermedie, non sarebbero eseguibili con l'arco).
        Per lo strumento a cinque o sei corde rivestite che si può chiamare oggi viola da gamba - un nome per la prima volta apparso nel 1511 in un elenco-inventario a Ferrara 6 - Silvestro Ganassi utilizza nel 1542-1543 nella sua "Regola Rubertina" di nomi viola d'arco tastada, violone d'arco da tasti, viola e violone 7. Diego Ortiz, tuttavia, nel suo metodo didattico "Tratado de glosas.." (Roma 1553) la chiama violone ed anche vihuela d'arco 8.

Il seguente (molto schematico) grafico mostra come in Italia dalla sintesi di due tipi di strumenti, vale a dire la viola da gamba e la lira/Lyra 9, organologicamente derivata dalla medievale viella, nasce un nuovo modo accordale di suonare la viola, simile a quello della lira (chiamato nel XVII secolo in Inghilterra "Lyra Viol").

Durch Anklicken kann diese Grafik vergrössert werden.


Il "cantar alla viola" è, a mio avviso, una sintesi tra il cantare alla viola da mano pizzicata e la mitica tradizione rinascimentale della lira ad arco, che era utilizzata per accompagnare canto e recitazione con accordi.
        Purtroppo, riguardo ai pur così iconograficamente e letterariamente documentati 10 lira/lirone si sono conservati solo tre esempi di musica originale, di cui due del XVII secolo, e di questi solo uno, di tre battute, riguardante l'accompagnamento del canto, quello di Marin Mersenne:

Lira da braccio: 

lirone/lira da gamba:  

Caratteristica di lire e lirone era verosimilmente una sorta di "basso continuo" di accompagnamento accordale, che per ragioni di accordatura poco può curarsi di una condotta polifonica delle parti. Inoltre, la linea del basso non poteva essere fedelmente riprodotta, perché spesso le note basse compaiono nell'accordo solo nelle ottave superiori 11 (come, per esempio, per gli accordi fondamentali spesso in posizione di sesta). Questo trasformare e riempire gli accordi, e la mancanza di una voce bassa continua sono le principali differenze tra l'intavolatura per Lira/Lirone e quella per viola da gamba. Ganassi, nella sua Regola Rubertina (vedi capitolo 2 del presente lavoro: strumenti e terminologia) ha sottolineato che la lira era utilizzata per "accompagnare" il basso: il basso cioè era o suonato da un altro strumento, o, come descritto da Francesco Rognoni nel 1620, cantato 12.
        Per questa pratica dell'"accompagnare" una voce bassa esiste anche un'altra fonte musicale: nella prima stampa del "Sacrificio" di Agostino de Beccari, Ferrara 1555, compare, posta da Alfonso dalla Viola, la seguente indicazione: "Fece la musica M. Alfonso dalla Viuola. Rappresentò il Sacerdote con la lira M. Andrea suo fratello." La musica rimasta della scena del Sacrificio cantata dai sacerdoti è una melodia di basso ad una voce, per quella più acuta - purtroppo non conservata - era prevista l'esecuzione con la lira 13.

Rispetto a lira e lirone l'inventario delle fonti musicali italiane del XVI secolo sopravvissute in cui si accompagna il canto con accordi sulla viola da gamba è abbastanza nutrito:


Un piccolo "Chi è chi"

Il numero limitato di fonti riguardanti sia lira e lirone sia la viola da gamba indica, a mio parere, che, pur essendo l'accompagnamento accordale su strumenti a corda estremamente apprezzato, la sua esecuzione fosse molto difficile e rara (Ganassi, per esempio, usa posizioni estreme sulle corde intermedie).

Delle seguenti persone si dice possedessero l'arte del "cantar alla viola" o "alla lira":

Il canto con lira e viola da gamba era quindi una specialità di pochi eccellenti musicisti ed artisti, che probabilmente componevano, improvvisavano o intavolavano il loro repertorio solo ad uso personale: apparentemente queste collezioni, con l'unica eccezione del manoscritto di Pesaro, sono state tutte perdute. Tutte le altre fonti musicali sono sopravvissute solo perché hanno trovato un'edizione a stampa con motivazioni didattiche e quindi una più diffusa utenza, o, come "O begli anni del'oro" , sono parte di un Intermedio completamente stampato.


Un "ritrovamento inaspettato"

Il Madrigale "Io vorrei Dio d'amore" nella Regola Rubertina di Silvestro Ganassi del 1543, intavolato per voce e viola, è chiaramente scritto per una viola d'arco, ed è anche l'unico esempio superstite di intavolatura di madrigale in questa forma. Mi sembra perciò sorprendente che né August Wenzinger né gli autori di altre pubblicazioni sullo stesso tema (A. Schering 22, A. Einstein 23 , R. Haas 24, H. Peter 25, A.Otterstedt 26 ecc.) abbiano provato a confrontare il madrigale intavolato di Ganassi con l'originale di Giacomo (Jacobus) Fogliano, e gettare così, dopo quasi 500 anni, uno sguardo nel "laboratorio" di Ganassi 27.
        Questo si spiega forse col fatto che della prima stampa della raccolta di madrigali da cui proviene "Io vorrei Dio d'amore", (Delle madrigali a tre voci, Venezia, Scotto 1537, collezione a stampa), si è conservata solo la parte del Basso. Tuttavia, sarebbe stato ancora possibile con questa base è ricavare alcune delle regole di intavolatura di Ganassi.
        Fortunatamente, ho trovato il Madrigale completo in una successiva pubblicazione accessibile (Costantio Festa, Primo libro di madrigali, Gardano, Venezia 1556): questo mi è stato possibile grazie alla BIBLIOGRAPHIA DELLA MUSICA ITALIANA VOCALE PROFANA di Vogel/Einstein/Lesure /Sartori (VELS). Lì, al n. 973: Festa Costanzo - Fogliano Giacomo 1547 Venetia, (pagg. 632/633) è contenuta una collezione di madrigali a stampa, nella quale figura anche il cercato "Io vorrei dio d'amore" (ma non vi compare Fogliano come compositore del brano).
        Purtroppo, né questa né una successiva stampa (VELS, Nr. 974 Festa Costanzo - Fogliano Giacomo, Venetia, Scotum 1551) sono complete. Cinque anni più tardi (1556), tuttavia, la stessa raccolta è stata nuovamente pubblicata ancora da Gardane (VELS, n. 975), edizione della quale sono rimasti disponibili diversi esemplari 28.

Durch Anklicken wird das Bild vergrössert.

Delle madrigali a tre voci, Scotto, Venetia 1537 (Bassus)

 

Durch Anklicken wird das Bild vergrössert.

Costantio Festa, Primo libro di madrigali, Gardano, Venetia 1556
(Cantus, Tenor, Bassus)


L'obiettivo della mia tesi è creare, attraverso l'analisi dell'intavolatura del madrigale realizzata da Ganassi, un catalogo di regole che consenta di intavolare nel medesimo stile altri madrigali del XVI secolo. Particolarmente interessante è - in una seconda fase - il confronto di questo catalogo di regole con quello ricavato dall'intavolatura, realizzata da August Wenzinger, di "Voi mi ponest'in foco". Vi si può vedere molto bene a quali soluzioni si arriva senza il modello di Ganassi.

Perché i brani musicali nei capitoli 3, 6 e 7 siano leggibili, è stato necessario utilizzare files relativamente grandi, il che inevitabilmente aumenta i tempi di download.


INDICE - PROSSIMO CAPITOLO - INIZIO DEL CAPITOLO


1 MGG Libro 5, pag.1351.
2
Philostratus d. J., che insegnava ad Atene al tempo di Nerone, descrive Orfeo "che percuote con un Plettro le corde della sua Cythara". Seguendo una diffusa usanza Cithara è sempre tradotto con viola/lira, e Plectrum con arco. ( J. Rousseau, Traité de la Viole, Paris 1686, ristampa e traduzione: A. Erhard, Monaco di Baviera - Salisburgo 1980, pagg. 19/20).
3
B. Castiglione, Il libro del Cortegiano, a cura di W. Barberis, Torino 1998; traduzione in tedesco A. Raffaello, 1907; Edizione parziale: Der Hofmann, Berlin 1996.
4 Questa è la definizione di Joh. Tinctoris, quella di "viola", nel suo libro "De inventione et usu musicae" del 1487 (ed. NA. di K. Weinmann, Regensburg 1917; Repr Tutzing 1961, p.42), chiamata una hispanorum inventio e differenziata in "viola cum arculo" e "viola sine arculo".
5 Sebbene ci siano diversi modi di accordare, tuttavia il principio di una accordatura per quarte con una terza nel mezzo era il medesimo.
6 I. Woodfield, The Early History of the viol, Cambridge 1984, pag. 97.
7 S. Ganassi, Regola Rubertina, Venezia 1542-1543; Bologna Repr 1970; Copertina del primo libro e retrocopertina del secondo libro.
8 D. Ortiz, Tratado de glosas....., Roma 1553; Tradotto da M. Schneider, Kassel 1936; Copertina e introduzione.
9 In questo lavoro in futuro, userò sempre la terminologia lira e lirone per gli strumenti rinascimentali, in contrapposizione alla vecchia Lyra.
10 Una raccolta di tutte queste fonti può essere trovata nel nuovo MGG, Vol 5, Pag.1348, Art. "Lira" e I. David, tesi SCB n. 176, Basilea 1995.
11 I. David, tesi SCB n. 176, Basilea 1995, pag 68-69.
12 F. Rognoni, Selva de varii passaggi, Milano 1620; Della Lira da Gamba, & da brazzo: "... e se bene e istromento imperfetto, cantandovi il basso, acompagnato con un soprano, non si puo sentir di meglio...". Nella sopracitata tesi di I.David, pag 68, la frase "cantandovi il basso" è erroneamente tradotta con "quando si suona (spielt) il basso" mentre chiaramente cantare si dice singen.
13 Tentativi di ricostruzione di questo accompagnamento con la Lira possono essere trovate in: W. Osthoff, Wolfgang: Theatergesang und darstellende Musik in der italienischen Musik, Tutzing 1969, Note pag 84; e S.S. Jones: The Lira da Braccio, Publications of the Early Music Institute, Indianapolis 1995, pag. 94.
14 Secondo Libro, capitolo 16.
15 "Musiche fatte nelle nozze dello Illustrissimo Duca di Firenze il Sign. Cosimo de Medici e della Illustr. Consorte sua Mad. Leonora di Toleto", Venezia, Gardane 1539; Stampato in R. G. Kiesewetter: "Schicksale und Beschaffenheit des weltl. Gesanges...", Leipzig 1841, esempi musicali, pag. 65/66.
16 E. Winternitz, Leonardo da Vinci as a Musician, Yale University Press, 1982, pag. 74.
17 Walter Rubsamen, A. Poliziano, MGG 10, 1962, pag. 1416.
18 Giuliano Tiburtino, (1510-1569) strumentista e compositore italiano. Proviene da una famiglia di propietari terrieri di Tivoli. Dopo aver acquisito la reputazione di ottimo suonatore di viola d'arco, come riferisce Ganassi, entra al servizio del papa. Nel 1545, diventa musicista alla corte di Paolo III. Due collezioni di musica di Tiburtino sono state stampate da Scotto a Venezia nel 1549. "Musica diversa a 3 voci" e "Fantasie e recercari a 3 voci". The New Grove, Vol 18, pag 812.
19 Lodovico Lasagnino, nessuna notizia.
20 W. Osthoff, Theatergesang... , Tutzing 1969, Pag. 313.
21 J. Walter Hill, Oratory Music in Florenz I, Acta Musicologia, 1979, pag. 114.
22 A. Schering, Aufführungspraxis alter Musik, Leipzig 1931, pagg. 33-36.
23 A. Einstein, The Italian Madrigal, Princeton 1949, Volume I, p. 297 f., Volume III, p. 54-55.
24 R. Haas, Die Musik des Barock, Potsdam 1934, pagg. 130-131.
25 H. Peter , dt. Übersetzung von S. Ganassis Regola Rubertina, Venedig 1542/43, Berlin 1972.
26 A. Otterstedt, Die englische Lyra-Viol, Kassel 1989, pag. 68 f.
27 Anche i numerosi errori nella ripetutamente affrontata trascrizione dell'intavolatura di Ganassi, che in alcuni punti è difficile da leggere, potrebbero essere quindi evitati.
28 Per questo lavoro è stata utilizzata la copia della Biblioteca di Stato della Baviera a Monaco di Baviera.